Sulle Masserie Della Romagna Toscana

Sulle masserie della Romagna toscana / J. Fabbroni
in Giornale Agrario Toscano, XIV, 1840

p. 134-150
[vedi versione digitale]


Il bacino della valle fino a Marradi si apre, e presenta nel suo piano una fiorente coltura del grano, del formentone e del gelso spagnolo; e sul declive, dei monti verdeggianti vigneti.

Qui, come in tutte le vallate della Romagna, la vite, meno chè ne’ piani, è riunita in appezzamenti isolati, portata a mezzo braccio da terra, ed esclude ogni altra pianta.
Il Sangioveto che ne dà, è generoso e fragrante sebbene un po’ brusco, …


I vigneti costruiti a ripiani sorretti da muri, hanno aspetto quasi di grandi scale appoggiate ai fianchi dei monti. (la) piantagione di queste vigne (è) a ritto-china, … vangano … le loro vigne orizzontalmente, così che nessuna zolla è perduta neppure coll’andare di un secolo, costume in vero che non ha tutta la provincia. …
Il Comune di Marradi ne conta (contadini proprietari) di questi lavoratori che stanno sul suo fino a 100 sopra 523 possidenti (al di sotto di lire 50 di rendita disponibile n° 236; al di sopra di lire 1.000 n° 28; di lire 7.200 n° 1; di lire 8.330 n° 1), e sopra circa 6.400 abitanti.
La comunità di Marradi può divedersi in quattro regioni. Nella prima sono situati i poderi della fiumana del Lamone e dell’Acereto. Nella seconda i poderi di costa fin dove prospera la cultura del gelso, e dei bigatti. Nella terza dove la pastorizia da un prodotto quasi eguale a quello dei cereali. Nella quarta quelli della regione alpina. Un podere di costa è composto di casa colonica, capanne, stalle, ecc.; di terreni arabili con gelsi o senza, di una vigna, di un castagneto, di un prato naturale, di boschi e pasture, e mantiene due bovi aratori, tre vacche, 15 pecore, 5 capre, un maiale, una maiala, 10 tacchini. Il terreno è, temine medio, di staja 30 a seme. La metà è costantemente coltivata a grano: l’altra metà un quarto o un terzo a fave, orzi, o orzuole, veccie, patate, ecc.; il restante a gran turco; il terreno a fave è arato, ogni restante è lavorato a vanga. La vigna costituisce un appezzamento isolato, e non ammette altra pianta che la vite; il castagneto è di piante generalmente innestate; il prato naturale, e qualcuno artificiale, e le prode dei campi somministrano il fieno.
Entrata della famiglia colonica composta di tre uomini, di due donne, e due ragazzi.
Grano, termine medio, il 6 per uno, seme staja 15

Staja

90
metà
47.
1/2
Fave, e biade, seme 5
35
-
17.
1/2
Granturco, seme 3
100
-
48.
1/2
Castagno
-
-
25.
-

Staja



138.
1/2
Vino, barili



5.

Retratto dei maiali netto da spese, perdite ecc
Scudi

6.
-
-
            delle pecore, capre, al netto

7.
-
-
            dei bovi aratori

-
-
-
            delle tre vacche

8.
-
-
            dei tacchini

2.
50
-
            della seta

5.
-
-

Scudi

28.
50
-
Consumo mensile dei detti individui
Staja

10.
-
-
Nell’anno in carne, lardo, carne salata, olio.
Scudi

3.
-
-
In sale, compreso quello impiegato nella fabbricazione del formaggio



5.

-

-
Tassa di famiglia

-.
50
-

Scudi

8.
50
-

Costo del vestiario, repartito in un anno e mezzo.
Per un uomo
Del cappello
Scudi

-.
40
-
Di scarpe

1.
50
-
Di un pajo calzoni corti di rascia, e altro da estate

1.
30
-
Di due camice

2.
-
-
Di un gibbone di rascia, e di altro di rigatino

1.
50
-
Di un pajo di calze di lana e di altro di accia

-.
60
-
Di un corpetto

-.
40
-
Di un fazzoletto

-.
10
-

Scudi

7.
80
-
Per una donna
Di due paja calze
Scudi

-.
60
-
Di un cappello

-
35
-
Di scarpe

-.
50
-
Di due camice

2.
-
-
Di due vestiti

4.
-
-
Di quattro grambiuli

1.
20
-
Di fazzoletti da collo ec.

-.
80
-
Di fascette e spilli ec.

-.
60
-

Scudi

10.
05
-

Cibo giornaliero

di estate
La mattina: polenta di granturco, o di castagno, o pane di grano e orzo. – Nel giorno: minestre di farina di grano, o grano e orzi con fagioli. – La sera. Pane.
Di verno
La mattina: polenta o di granturco, o di castagne. – La sera: minestra, o di farina di grano e orzi, o di castagne.
Quasi ogn’individuo della famiglia, ha poi qualche lucro, particolare, come da opere prestate fuor del podere, da vendita di legne, da filato ec.
In generale i contadini delle fiumane fanno qualche avanzo: quelli della seconda regione, se alcuni anno sono in debito col padrone, in altri si pareggiano; quelli della terza sono spesso in credito a motivo dei guadagni sui bestiami che si ritirano dai padroni. Tale è lo stato economico dei contadini di questa comunità.)
Un secolo addietro, e forse meno, il granturco era sconosciuto a queste montagne, ove non si coltivavano che grani, orzi, fave, veccie ec. … La sorte del granturco toccò alla patate. Le prime vennero qui sul principio del secolo. … Venticinque anni dopo il nostro alpe si copriva di patate: e vi sono oggi poderi ove se ne raccolgono da 5 a 600 staja all’anno. … Anche alla luppinella è toccata la sorte medesima, e forse toccherà al ravettone … Le montagne sono patrimonio esclusivo della mezzeria e del piccolo proprietario. … Al di là di Crespino un altro villaggio sopra un vasto ripiano: ho nome Casaglia. Ecco un villaggio dell’Alpe, Una trentina di casolari: pareti tutte grigie: tetti di lastre grigie di arenaria spioventi quasi a terra; finestrelle che appena danno adito alle spalle di un uomo: lavoratori, pastori, vacche, pecore, capre, pagliai, capanne, e per giunta grandi masse di letame al di fuori delle stalle. All’intorno terreni a grano, a orzouola, a fave, a gran turco, a prateria, qualche vite, qualche gelso, e siamo a 1255 braccia di elevazione. … Tutto meschino, malinconico: pauroso poi nel verno quando le nevi hanno agguagliato alla terra quei casolari, quando le bufere imperversano. … un buio, un furore di vento che soffoca. … lì presso la val d’Inferno, e il Rovigo colla sua acqua gelata che balza di scoglio in scoglio (siaòo a Corzolano); casupole sparse a gruppi … e sotto, contadini proprietari, tranquilli quanto i loro abituri … E quella popolazione vi campa, e si aumenta col poco grano, colle patate, e colle molte castagne che vi raccoglie. … Intanto le accette de’ carbonai, l’abbaia de’ cani, i fischi dei pastori … Ampie faggete che cadono, ed altre che sorgono, di cui si è impossessata a gran profitto l’economia rustica. Vaste praterie, immense pasture ove pascolano mandre di cavalle, di vacche, di capre e di pecore, reduci dalle maremme toscane. Sparse per quelle solitudini tu vedi delle piccole capanne che fumano, e all’intorno tante serrate che ti sembrano di lontano piccoli orti. Sono i Diacci de’ pastori colle loro mandre. … La pastorizia è la poesia dell’industria. … ma questa industria corse la sorte comune a tutte le industrie. Il poco prezzo delle fide e i buoni guadagni chiamarono concorrenti. Gli speculatori si accrebbero e accrebbero le masserie (attualmente la Comunità di Marradi manda ogni anno nella Maremma circa 12.000 pecore, pertinenti a circa 12 proprietarj quasi tutto pastori. …
Marradi 31 agosto 1839 J. Fabbroni


Il Giornale Agrario Toscano (1827-1847; n.s., 1854-1865), fondato nel 1827 da Giovan Pietro Vieusseux, forte del lavoro di compilazione di alcuni tra i più illustri accademici Georgofili,  quali Cosimo Ridolfi, Lapo de' Ricci e Raffaello Lambruschini , rappresentava per l’epoca un formidabile strumento didattico per il mondo agricolo non solo toscano ma nazionale.  Come si legge nella nota introduttiva al primo volume, la rivista aveva lo scopo di servire all'ammodernamento dell'agricoltura toscana attraverso la conoscenza delle innovazioni adottate nel resto d'Europa: doveva essere strumento di lavoro utile quindi non solo ai proprietari terrieri, ma soprattutto ai fattori ed a coloro che erano in grado di mettere in pratica le novità proposte al rinnovamento dell’agricoltura. Il Giornale agrario toscano era espressione dei princìpi di quella classe moderata toscana a cui appartenevano i fondatori della rivista, i quali tanto si erano prodigati, ad esempio, per la costituzione a Firenze delle scuole di reciproco insegnamento.

Per alcuni anni, a partire dal 1830 il Giornale Agrario toscano venne pubblicato insieme agli Atti della Accademia dei Georgofili perché, come si apprende dalla nota introduttiva di presentazione ai lettori, due opere così “uniformi nello scopo” avrebbero tratto sicuramente reciproco guadagno nell’unirsi. Dal 1848 al 1853 il titolo variò in Bullettino agrario.

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